Ventiquattro omicidi. Centodue feriti. La cruda contabilità della Uno bianca è quella di una strage. Novantuno rapine. Spesso per pochi spiccioli, per massacrare benzinai, zingari, extracomunitari, carabinieri, impiegati, semplici testimoni.

Un eccidio pianificato. Una violenza bestiale per un rebus che pare senza soluzione. Un enigma complicato perché, questa volta, gli assassini vestono la divisa. Roberto Savi – ex attivista del Fronte della Gioventù, un uomo aggressivo, taciturno, schivo, che frequenta solo i fratelli e passa gran parte del suo tempo a giocare con i videogiochi – è il capo.

Lavora alla centrale operativa di Bologna: è un poliziotto, come gli altri cinque della banda. Chi sono questi folli esegeti dello sterminio, chi li ha protetti, chi li ha guidati, chi ha tirato i loro fili e per quale disegno?

Mentre la striscia di sangue si allunga, e un’inchiesta lunga sette anni non si schioda dal “nulla di fatto”, due investigatori di provincia, l’ispettore Baglioni e il vicesovrintendente Costanza, chiedono il permesso di avviare indagini autonome.

Comprano un computer con i propri soldi, iniziano ricerche, controlli, appostamenti. Le indagini ufficiali insistono sulla malavita locale o quella catanese d’importazione, ma Baglioni e Costanza hanno un’altra idea: i killer sono poliziotti, magari loro stessi colleghi. Saranno loro due a squarciare il buio.

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