Un insolito “giallo” gotico, che rivela un Verga diverso e un’opera dissonante dalle sue più note. A mo’ di giallo si narrano storie “speculari” che, ambientate nel castello in rovina, procedono dal fantastico al tragico fino a lasciare numerosi interrogativi la cui risposta è affidata agli ascoltatori. Ecco appena una sintesi.

Matilde, il signor Giordano, suo marito, Luciano e la signora Olani – figura appena accennata – fanno parte di un’allegra brigata di turisti e sono immersi in un’atmosfera di misteriose energie: “il lume della lampada notturna che guizza sulle immense pareti e vi disegna fantasmi e paure”, “il vento che urla come uno spirito maligno nella gola del camino”, il muggito del mare “come un gemito soffocato dall’abisso” e le ombre che sorgono “da tutte le profondità delle rovine e del precipizio”.

È Luciano a raccontare l’episodio medievaleggiante, tanto strano, del barone don Garzia d’Arvelo e della sua seconda moglie Isabella.

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